Antonio Ricci

 

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Non ho il mio sito internet, non ho la casella mail, non ho un blog , non ho facebook, non twitto, non ho instagram, non sono “social”, eppure sono socievolissimo soprattutto durante i pranzi, non dovendo sbirciare per mandare messaggini.

Addirittura, pensate che snobettone, non so scrivere a macchina, sono digitale nel senso che l’indice alzato lo uso solo sulla tastiera per navigare.

Sono lento però mi illudo di essere più riflessivo. Fatta questa doverosa premessa devo dire che sono stato tra i primi, molti anni fa, a intuire la possibilità di dialogo con i telespettatori offerta dalla rete.

“Striscia la notizia” è stata la prima trasmissione televisiva in Italia ad avere un sito internet -http://striscia.ulisse.it, che era stato studiato in via sperimentale dai ragazzi dell’Università di Genova.

Il coinvolgimento del pubblico era affidato prima al numero verde SOS GABIBBO e al numero di fax, ma l’utilizzo del sito portò subito ad una qualità maggiore delle segnalazioni (circa mille al giorno) che fece prendere il volo alla trasmissione.

Non penso di esagerare sostenendo che buona parte della fortuna di “Striscia” sia proprio dovuta all’utilizzo di internet. Non credendo a Dio, pochissimo a me stesso, non credo neppure alla Santa Rete, per cui abbiamo messo in piedi una squadra di verificatori che ha il solo compito di certificare l’autenticità della Verità Rivelata.

E’ la pigrizia che ci insuperbisce con la facilità d’accesso e che ci fa credere che ci sia un dio che ci risolva i problemi e che ci deresponsabilizza col copia incolla.

E’ evidente che chiunque può far girare in rete delle bufale. Gianni Riotta, per niente riottoso, quando dirigeva il Tg1 si era assunto il compito di dare “vericidità” a qualunque panzana pescasse nel web, mandandola in onda sul suo “autorevole” telegiornale. Noi naturalmente ci eravamo ritagliati il gioioso compito di smascherarlo. Nei primi tempi cercavamo di contrastare le notizie false che circolavano su “Striscia”, precisando, puntualizzando. Adesso abbiamo lasciato perdere, anzi, a volte facciamo pubblicare infamie sul nostro conto per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Quest’estate circolavano indiscrezioni su improbabili futuri conduttori di Striscia e sul fatto che io avessi cacciato una velina perché aveva osato percorrere il red carpet del Festival del Cinema di Venezia.

Perché dovevo smentire? Quando ancora c’erano i bar chi si sarebbe sognato di inserirsi in una qualunque discussione con la speranza di smentire qualcosa con successo? Essendo stati tra i primi utilizzatori di internet, siamo stati anche tra i primi hacker. Il 13 febbraio 1997 “La Repubblica” invocava un intervento di polizia televisiva denunciando che: “quelli di Striscia si sono fatti preparare un ordigno software e hanno fatto esplodere nel nostro sito internet 3.000 (tremila) messaggi di posta elettronica. Tutti uguali, naturalmente. Per rimuovere dal sito la loro spazzatura telematica ci sono volute parecchie ore.” Si trattava di una simpaticissima ritorsione che avevamo attuato in risposta a qualche articolessa pseudo moraleggiante.

“Liberatevi dal Paolo Liguori che è in voi” recitava il messaggio purtroppo ignorato, come si è visto in seguito. A Repubblica decisero di non denunciarci, quando si resero conto che l’attacco era avvenuto il giorno di Carnevale. Purtroppo, non sempre l’utilizzo è così giocoso. L’anno scorso alla neoeletta velina Giulia venne rivolta da un gruppetto animalista la falsa accusa di aver soppresso il suo cane per poter partecipare alla trasmissione.

Centinaia e centinaia di mail giunsero a Striscia e a lei personalmente contenenti minacce, anche di morte. La poveretta, ventenne campionessa italiana di ginnastica, precipitò in un incubo e cominciò a piangere il giorno dopo la sua elezione e smise verso Natale. Anche l’inquinamento da falsi supporter (probabilmente non si dice così) sta raggiungendo in rete livelli mai visti: ogni redazione giornalistica, ogni trasmissione ha la sua organizzazione.

Non c’è personaggio che non dichiari in seguito a qualunque impresa “Ho ricevuto centinaia di messaggi di sostegno!”. Alcuni anni fa André Bazin ci faceva notare come Stalin arrivasse a documentarsi sulla realtà sovietica attraverso il cinema della mitologia staliniana, per cui si convinceva del proprio genio con lo spettacolo dei film stalinisti dove si vedevano le tavole dei kolkoz ricolme di tacchini, di oche e di ogni ben di Dio.

Nemmeno Alfred Jarry, fa notare Bazin, avrebbe saputo inventare una tal pompa per gonfiare il morale del suo Père Ubu. Quale sessuologo, al giorno d’oggi, può documentarci con certezza che non ci stiamo trovando di fronte anche ad un incontrollabile (o controllabilissimo) fenomeno di masturbazione di massa? Internet rende ciechi?

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