Armando Torno

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Internet ha aumentato la conoscenza o semplicemente moltiplicato le informazioni? A una simile domanda uno dei maggiori critici del nostro tempo, Jean Starobinski, ha risposto ricordando che la Rete rappresenta al tempo stesso la Biblioteca di Alessandria e la Cloaca Massima. C’è tutto (o quasi) in essa, ma occorre stare attenti, saper scegliere; insomma si è favoriti soltanto se si ha una preparazione che aiuti a orientarsi. Mario Capanna nel suo invito al dibattito ricorda che "la conoscenza è sempre frutto di mediazione". Come dargli torto? Kierkegaard nella “Postilla conclusiva non scientifica alle  ‘Briciole filosofiche’” aveva scritto che "la conoscenza essenziale è tutta in rapporto con l’esistenza". Conoscere si declina con vivere.

Il tema si presta a innumerevoli considerazioni, molte delle quali andrebbero scritte al futuro. Il cosiddetto “sapere digitale” è soltanto agli inizi e i progressi che sta offrendo non riusciamo ancora a comprenderli. Sappiamo che sta cambiando il rapporto dell’uomo con il sapere ma non riusciamo ancora a valutare dei risultati che si imporranno nel tempo. Stiamo assistendo a una rivoluzione paragonabile a quella dell’invenzione dei caratteri mobili per la stampa: quando alla metà del Quattrocento cominciarono a diffondersi i torchi nessuno riuscì a strologare che sarebbe stata la Riforma di Lutero, mezzo secolo e qualche anno più tardi, a sfruttarne le immense possibilità. Un libello contro il Papa o una tesi impressa in centinaia di copie che sbugiardava la vendita delle indulgenze della Chiesa diventarono agli inizi del Cinquecento non più controllabili nella loro diffusione. Gli inquisitori non riuscivano più a bloccare la nuova comunicazione.

Accadrà qualcosa di simile anche a noi. Un giorno ci accorgeremo che la conoscenza ha scelto altre vie, diverse da quelle utilizzate sino a quel momento, e ogni uomo dovrà prenderne atto. Ma questo sarà un problema che risolveremo nel migliore dei modi se non perderemo il nostro senso critico. Quel che più preoccuperà i bambini del futuro potrebbe essere la limitazione di libertà recata da una Rete controllata da pochi. E’ già successo alla televisione: nata come strumento di informazione (e anche di formazione), oggi è un mezzo di intrattenimento, nel quale la stupidità e la cucina sono la parte predominante. Perché la Rete controllata da un gruppo di oligarchi dovrebbe rappresentare un’eccezione? Ora tutto ci sembra libero, possibile, raggiungibile, ma non è pessimistico prevedere grandi concentrazioni che sapranno “sistemare” le notizie che contano. O indirizzarle alla bisogna.

Rispetto alla vecchia informazione la Rete è più vulnerabile, proprio perché offre l’illusione a tutti di potersi esprimere. Ma le notizie portanti della vita di una nazione si possono manipolare meglio in Rete che sulla carta; o meglio: il controllo è più rapido, la censura o le controproposte sono attuabili senza lasciare a un’eventuale lettore lo spazio della riflessione. La Rete ci controllerà offrendoci subito l’opposto ma soprattutto togliendoci il tempo di elaborare la conoscenza o un aspetto critico, vale a dire quei fattori che rappresentavano sino a qualche anno fa la componente forte dell’informazione e della stessa cultura.

Con questo non desidero scrivere che la Rete abolirà la cultura ma soltanto che ne avrà una sua, o meglio: quella che vorrà il gestore. Per codesti e per altri motivi comprensibili è bene che la pluralità di Internet venga protetta già da ora, in anticipo sui tempi, quando tutti la considerano qualcosa di naturale. Altrimenti finisce come con la televisione: anche quella pubblica scimmiotta i programmi peggiori soltanto per avere percentuali ridicole di audience in più.

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