Maria Rita Parsi

 

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Maneggiando i loro prodigiosi strumenti tecnologici, i giovani internauti si immergono in cyber spazi, molto simili ai mondi magici, dove sono in grado di modificare le situazioni, anche le più difficili, dove è possibile addirittura sconfiggere la morte, perché i loro avatar possono morire e rinascere, o come piccoli ma potenti “creatori” virtuali far morire e far rinascere.

Senza mai aderire alla realtà, senza entrare in contatto con la vera sofferenza, con la fatica e l’impegno dei passaggi, senza attraversare e metabolizzare i riti che creano legami effettivi ed affettivi che, di fatto, la vita offre e che devono essere affrontati, superati, celebrati perché la persona possa crescere.

Esiste un evidente gap tra l’uso di questi strumenti e le difficoltà e la fatica presenti sul piano della realtà. Fatiche e dolori che le generazioni precedenti a quella tecnologica, forse, affrontavano con la concretezza derivante dal riconoscere ineluttabili le tappe (o il destino) della vita, aderendo alla realtà del quotidiano con maggiore immediatezza e semplicità. Le illimitate potenzialità della tecnologia, da un lato, e le sempre più limitate possibilità di auto realizzazione nella vita reale, dall’altro inducono le nuove generazioni a guardare il futuro con grande sfiducia e pessimismo e a rifugiarsi in realtà virtuali che li fanno sentire attivi, potenti, pari e unici al contempo.

È importante restituire ai nostri ragazzi il significato e il valore di quella ritualità che rafforza e che consente di affondare solide radici nell’esperienza quotidiana.

“Vieni a giocare con me” dice il Piccolo Principe alla Volpe, nel celebre racconto di Saint Euxpery. “Non posso giocare con te”, risponde la Volpe, “non sono addomesticata”…. “Che cosa vuol dire addomesticare?”, chiede il Principe in cerca di amici. “È una cosa da molti dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’”, precisa la volpe, “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila altri ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me … Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”. “Che cosa bisogna fare?”, domanda, allora, il Piccolo Principe. “Bisogna essere molto pazienti”, risponde la Volpe. “In principio tu ti siederei lontano da me … Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”.

La Volpe invita poi il Principe a ritornare nello stesso posto alla stessa ora, nei giorni seguenti per creare una ritualità. “Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore …. Ci vogliono i riti”. “Che cos’è un rito?”, chiede il Piccolo Principe. “È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”, risponde la Volpe.

Sono necessari questi passaggi per “addomesticare” il cuore, per maturare, per crescere. Per educare la mente e il cuore ai sentimenti.

Nel mondo virtuale, invece, si può scivolare in un “acting out” continuo. Le nuove tecnologie, infatti, possono dare adito ad un eccessivo interagire, dove l’azione si sostituisce alla possibilità di riflettere e di elaborare internamente. Vorrei sottolineare, che tante sono le potenzialità e le qualità del mezzo televisivo, dei video giochi, della multimedialità, certamente utili e incisivi per la crescita e lo sviluppo della conoscenza dei nostri ragazzi.

Ho una visione positiva, per altri versi, dello sviluppo e del progresso scientifico e tecnologico ma, come in tutte le cose, si mescolano, in essi, luci ed ombre. La mia attività professionale mi induce però a coglierne anche i limiti e la disfunzionalità unite nell’utilizzo massiccio, passivo, acritico di una tecnologia accattivante, invasiva, sconfinata e sconfinante, che va di certo addomesticata e consapevolmente gestita.

Troppo spesso bambini e ragazzi sono catturati dal meccanismo della costante interattività che caratterizza soprattutto giochi virtuali. Nel governare l’eroe, nel guidare il suo percorso e le sue gesta, il piccolo giocatore non ha nemmeno il tempo di elaborare pensieri ed emozioni, di riflettere. L’immaginario viene “stoppato”, intrappolato, sospeso nell’azione che non consente pause, che non da tregua, per trovare il necessario tempo di oziare e operare il giusto distacco dall’eroe nel quale si è indotti, comunque, ad immedesimarsi.

La costante interazione fonde e confonde: il giocatore diviene direttamente l’eroe del suo gioco, diviene un “deus ex machina” potentissimo. Talmente potente che, una volta uscito dal gioco, può percepire con stupore e smarrimento che la realtà abbia dei limiti così formidabili. L’onnipotenza sperimentata nella dimensione virtuale, non sempre si traduce in una pretesa di onnipotenza anche nella realtà ma, sebbene il prolungato soggiorno in mondi virtuali dove potenzialità, sogni, fantasie hanno ampio spazio di azione che la amplifica e moltiplica, fa sì che il confronto con il quotidiano ponga di fronte ad infinite difficoltà che la realtà sembra moltiplicare. Il processo di identificazione con i propri eroi della storia o della fantasia, grazie al quale molti di noi hanno tratto forza emotiva e fiducia nelle proprie potenzialità, prevede l’attivarsi di meccanismi intrapsichici di riflessione e di elaborazione, attraverso i quali parti di noi vengono proiettate sulla figura da noi investita emotivamente e parti del medesimo personaggio sono da noi introiettate, metabolizzate, fatte proprie.

Non ci si identifica agevolmente con oggetti troppo interattivi e mutevoli, che muoiono e rinascono mille volte diversi, come gli eroi dei video games. O meglio, i ragazzini cresciuti interagendo con i loro personaggi virtuali andranno incontro a processi di sviluppo necessariamente differenti rispetto a coloro che si sono confrontati con gli eroi dei fumetti, dei libri di storia, di miti e leggende, raccontati o letti.

Questa non è una valutazione sulla bontà o qualità della nuova generazione; il problema che stiamo analizzando non si pone nei termini di migliore o peggiore. Di fatto stiamo assistendo ad una mutazione culturale che rende sempre più grande il gap generazionale e al contempo sempre più veloce la mutazione e le forme della mutazione stessa. Le conoscenze scientifiche si evolvono costantemente e prontamente si traducono in nuovi strumenti tecnologici: una “rapidità di consumo” che abolisce ogni ritualità, che richiede tempo, frequentazione, stabilità. “Ci incontreremo tutti i giorni, a quell’ora, in quel luogo, saremo sempre più vicini, fino a quando ci conosceremo.” Gli eroi virtuali cessano di vivere nell’immaginario dei ragazzi, quando le loro gesta si sono compiute, quando il gioco è finito la meta raggiunta.

E si passa ad un nuovo game, con un nuovo eroe e nuovi poteri, nuove avventure da compiere in tempi sempre più brevi, per superare sé stessi e misurare le proprie abilità di gioco. Un video dopo l’altro, un personaggio dopo l’altro, una meta dopo l’altra, con tale velocità e tale varietà da poter rappresentare un vero e proprio bombardamento multimediale. Il rischio a cui sono esposti i bambini è quello di veder “bulimizzare” il loro immaginario. Piccoli che si ingozzano di immagini per, poi, rovesciarle fuori, con disagio, con tensione, con violenza, poiché non sopportano l’incalzante pressione emotiva e psicofisica….

Ci sono ragazzini che per ore vivono di fronte alla televisione, al computer, in contatto col telefonino. La techno-mente che sta avanzando è un fenomeno sul quale dobbiamo assolutamente riflettere. Riflettere sulle potenzialità e contrastare le disfunzionalità. È vero che siamo un laboratorio biochimico che produce anima, è vero che stiamo cambiando, siamo dei mutanti.

Queste mutazioni portano con sé anche segnali di stress e di grave disagio. Siamo pronti a considerare, anche, questi elementi? È aumentato incredibilmente, ad esempio, il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo.

Propongo di riflettere sulla possibilità che il bullismo e il cyberbullismo possano essere interpretati quali modalità di comunicazione acquisite dai ragazzi vedendo, per ore ed ore, già prima di andare all’asilo, scene violentissime e distruttive. Modalità di sopraffazione e di aggressione di una persona su un’altra o di un gruppo su un altro.

Se io, ragazzino/a, sono abituato ad agire ed interagire continuamente, senza avere tempi per pensare, riflettere e dialogare, sono anche indotto ad agire per ottenere subito il soddisfacimento di un bisogno o per scaricare una tensione! Potrei abituarmi a mettere in atto, per anomia, comportamenti di aggressione e di prepotenza verso gli altri acquisiti acriticamente osservando video “esaltanti”, azioni violente e di furia distruttiva.

Se il meccanismo è interagire immediatamente se la spinta è consumare subito, ottenere subito il risultato, possibile che i ragazzi preferiscano adottare un tipo di comunicazione che non preveda tempi di mediazione, di confronto e che li porti a vincere e prevalere, comunque. È molto importante assicurare il valido contributo che i mezzi di comunicazione di massa e le nuove tecnologie possono dare alla crescita dei nostri figli. Ma è fondamentale restituire loro, prima, un diritto fondamentale. Pennac lo ricorda: oltre a tutti gli altri diritti che i bambini hanno, ovvero all’amore, alla famiglia, alla protezione, al rispetto ecc., oltre al diritto all’informazione e all’acquisizione di queste nuove tecnologie esiste il diritto alla lettura, il diritto al gioco, il diritto alla creatività (Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, New York 1989).

Credo che, se vogliamo, contrastare l’homo ferox, dobbiamo favorire l’homo creativus. L’uomo creativo è l’uomo che deve avere e saper usare, in modo interdisciplinare, strumenti di espressione e di comunicazione e anche tecnologici. Per poterlo fare chi cresce deve avere intorno a sé persone formate che lo aiutino nel percorso. Rilanciamo, in ogni occasione, l’importanza che ha investire sull’infanzia con investimenti alla scuola, investimenti per chi lavora con i ragazzi e sostegno alle famiglie, favorendo reti di servizi e di promozione culturale sul territorio, dove bambini e famiglie possano crescere insieme, incontrando operatori sociali, culturali, della comunicazione.

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