Un mondo senza autori
Parafrasando il suggerimento di Mario Capanna ci si può chiedere che peso ha il mezzo sul fine della decisione politica in democrazia.
Il mito della direttezza –fare le cose insieme e autonomamente- ha accompagnato tradizionalmente la democrazia: nella città antica tanto la distribuzione del potere (scelta dei magistrati) quanto l’amministrazione della giustizia (giudizio sulle azioni dei cittadini) e la formulazione delle leggi presupponevano la conoscenza diretta delle cose e degli uomini.
Conoscere in diretta era condizione necessaria per decidere direttamente: nella polis antica la sola intermediazione tra il popolo e i politici era l’araldo, nella democrazia moderna non solo i partiti e le associazioni della società civile ma anche l’informazione è una costruzione fatta da intermediari, spesso mezzi costosi che richiedono grandi capitali ed esperti che selezionano ciò che è informazione degna di nota e lo interpretano, diventando artefici dell’opinione.
Nelle democrazie classiche, i cittadini potevano non solo decidere direttamente ma anche vedere e valutare direttamente le qualità degli oratori. Nella democrazia moderna, i cittadini non solo agiscono in modo indiretto (attraverso i loro rappresentanti) ma ricevono le conoscenze e le interpretazioni sui candidati e le questioni pubbliche dai media e dai partiti: sia il loro potere decisionale che la formazione del loro giudizio avviene per vie indirette.
Nessuno di loro, inoltre, ha uguale potere di controllare le informazioni, di essere visti o ascoltati da chi ha il potere di decidere o di svelare il loro potere. Se fossero vissuti nelle nostre democrazie, lamentava J.S. Mill nel 1861, Temistocle e Demostene avrebbero dovuto conquistare un posto in parlamento per farsi sentire, e i cittadini avrebbero avuto bisogno dell’intermediazione di un partito e dei giornali per conoscere le loro qualità e di media compiacente per valorizzarli.
Sembrerebbe che la rivoluzione tecnologica del sistema informatico sia in grado di invertire questa tendenza ed avere conseguenze di straordinaria importanza nella conoscenza e nella politica.
Gli entusiasti della democrazia-via-web ritengono che siamo più vicini agli antichi noi dei nostri padri, anche perché contrariamente a loro noi possiamo gestire la rappresentanza senza i partiti e governare il mondo dell’opinione senza i giornalisti di professione e l’industria dei media.
L’avvento dei cosiddetti “nuovi media” (Internet e social network) ha comportato una trasformazione forse ancora più radicale di quella provocata dall’invenzione della stampa.
Secondo Yochai Benckler la moltiplicazione delle forme di comunicazione e soprattutto Internet ha portato a una “democratizzazione” dell’accesso (ai mezzi) non soltanto a una più facile acquisizione di informazioni.
Dunque, non solo voce ma voce diretta e in diretta; non solo notizie, ma notizie cercate e diramate direttamente dai cittadini – spesso senza controllo sulla loro attendibilità proprio come succedeva nell’antica Atene, dove le voci e le chiacchiere erano spesso le “prove” addotte nei processi popolari.
L’artificialità e l’indirettezza prodotte dalle norme scritte e dalle Costituzioni hanno migliorato la democrazia perché hanno organizzato la distanza tra pensiero e parola, tra presenza e voce, infine tra dati certi e opinione. Internet è quindi ben più di uno strumento per dar voce al pubblico.
È o può diventare uno strumento che fa del pubblico l’artefice di se stesso all’istante, senza più professionisti dell’informazione, e non senza rischi di creare un universo totalizzante nel quale nessuno è responsabile di quel che viene messo in circolo e si sa, e dove l’individuazione dell’attore sociale si affievolisce fino a scomparire.
E’ innegabile che la facilità d’uso e la diminuzione dei costi dei nuovi media implicano un’intensità di democratizzazione: persone non professioniste possono giocare un ruolo crescente e più diretto nella circolazione delle informazioni e soprattutto nella produzione di opinioni diverse. Pensiamo, per esempio, al fatto sorprendente per cui il presidente Obama e il suo staff della Casa Bianca hanno assistito alle riprese della cattura di Osama Bin Laden effettuate da un dilettante per opera di un micro-blogger ad Abbottabad, in Pakistan.
A questa innegabile de-professionalizzazione ed espansione dell’informazione possono però seguire due conseguenze contraddittorie: mentre il fai-da-te che i nuovi mezzi consentono espande la nostre potenzialità conoscitiva e di limitazione del potere come abbiamo visto con i vari casi di leaking, tuttavia la dimensione onnicomprensiva che genera Internet tende ad atrofizzare l’individualizzazione e la responsabilità del singolo come iniziatore di dati e conoscenze che circolano in rete.
Le conoscenze si diffondono senza i nomi dei loro autori: diventano fatti che navigano in un universo impersonale o meglio de-individualizzato.
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